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Tumore seno, con test 70% donne può evitare chemio
MEDICINA Pubblicato il: 03/06/2018 17:16
La chemio dopo l'intervento potrebbe essere evitabile per il 70% delle donne colpite dalla forma di tumore al seno più frequente, se si utilizzasse un test su 21 geni . E' la conclusione di un maxi studio Usa di fase III, presentato a Chicago al meeting annuale dell'American Society of Clinical Oncology (Asco)nella sessione plenaria più IL TEST - Il trial, condotto con fondi federali in Usa, ha utilizzato un particolare test - Taylor X - che valuta l'espressione di 21 geni tumorali. "Metà delle donne colpite da cancro al seno soffrono del tipo di tumore" protagonista dello studio, evidenzia Sparano. "Prima del Taylor X c'era incertezza sul miglior trattamento per le pazienti con un punteggio medio di rischio valutato in base a un altro esame. Il trial era destinato a chiarire questa incertezza e ha dato una risposta assai definitiva", assicura l'esperto. "Ogni donna con tumore iniziale al seno dai 75 anni in giù - precisa - dovrebbe dunque avere la possibilità di sottoporsi al test e discutere con il medico riguardo all'opportunità della chemioterapia dopo l'intervento". Il Taylor X è stato creato sul modello della biopsia tumorale. Tipicamente le donne che ottenevano un basso punteggio ricevevano soltanto la terapia ormonale, quelle con alto punteggio ricevevano anche la chemio. Ma gli effetti collaterali del trattamento possono essere significativi.
LO STUDIO - Fra le donne arruolate nello studio, 6.711 avevano un punteggio medio di rischio e sono state destinate in maniera casuale a ricevere solo l'ormonoterapia oppure anche la chemio. Il primo obiettivo era la sopravvivenza libera da malattia: da una valutazione a 7 anni e mezzo di follow-up, si è visto che l'ormonoterapia non era meno efficace se somministrata senza chemio. A 9 anni i risultati delle due strategie terapeutiche erano ancora praticamente identici, indicando che non c'era beneficio nell'aggiunta della chemio. Un altro importante risultato è stato l'identificazione del gruppo che invece ha ottenuto benefici dalla chemio: donne di 50 anni o più giovani, che avevano un punteggio medio nel test. Le donne ad alto rischio di recidiva, invece, secondo i dati raccolti dagli scienziati hanno mostrato un tasso di ricaduta a distanza del 13% nonostante la cura combinata con chemio e ormonoterapia. E questo risultato, concludono gli autori, mette in evidenza la necessità di sviluppare cure specifiche per questo gruppo di donne.
IL PARERE DELL'ESPERTO - "Lo studio allarga la forbice delle donne con la forma più frequente di cancro al seno che non dovranno più ricevere la chemio dopo l'intervento. Parliamo di milioni di donne al mondo che potranno evitarla. E' entusiasmante". Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione sviluppo di nuovi farmaci per terapie innovative dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, commenta così all'AdnKronos Salute lo studio presentato nella sessione più importante del meeting annuale dell'American Society of Clinical Oncology, in corso a Chicago.
"Oggi - ricorda l'esperto - quello che stiamo facendo in tutte le linee guida è dare nel dubbio la chemioterapia alle donne colpite dalla forma più frequente di cancro al seno, con un rischio intermedio. E la cosa sorprendente è che, se nello studio si va a confrontare il braccio di chi ha ricevuto la sola terapia endocrina, rispetto a terapia endocrina più chemio la sopravvivenza è identica. Quindi lo studio ci suggerisce che nelle pazienti con rischio intermedio non c'è alcun beneficio dalla chemio. Questi sono risultati destinati ad avere un impatto immediato, che cambierà la pratica clinica".
Il test al centro dello studio, racconta lo scienziato, "venne disegnato 10 anni fa dagli americani: ha l'obiettivo di identificare sottogruppi di pazienti che non necessitano di chemio nel contesto di un trattamento di tipo personalizzato. E' una sorta di 'precision medicine' ante litteram, con l'utilizzo di un test genomico".